Violet osservava la pioggia, le sembrava rappresentasse il suo stato d’animo, in quella enorme sala grigia, riempita di libri d’epoca mai letti da nessuno, adagiati su scaffali di legno scuro e impolverato, all’interno di un’enorme casa grigia e vuota. Solo lei osava sfogliare le pagine di quelle opere d’arte di carta, ignorate da chiunque altro.
Nessuno veniva in quella sala grigia, costellata di divanetti e poltroncine imbottite, messe lì senza uno scopo, ad annoiarsi tutto il giorno, si chiedeva se anche loro si sentissero sole quanto lei, volevano compagnia? Violet sì.
Per fortuna, non era completamente sola e, come le sedie avevano lei, lei aveva i libri; sua zia ne aveva comprati talmente tanti per sembrare un po’ colta che Violet avrebbe potuto leggere un libro a settimana per anni, e non li avrebbe finiti. Amava leggere accanto alla finestra, con la calda luce del sole, che però quel giorno l’aveva abbandonata. Leggeva quel che le capitava, ma i suoi libri preferiti erano romanzi inglesi, perché poteva immedesimarsi nel paesaggio circostante che da noioso e misero, diventava magnifico.
Era sempre stata incuriosita da quel libro, quello che brillava ai raggi del sole, nell’angolo più remoto e alto della stanza, quasi irraggiungibile che, quando lo afferrò, per poco non le scivolò un piede per l’emozione.
Aveva cominciato a scorrere le pagine, quando notò qualcosa di strano, una sensazione mai provata prima, come se qualcuno la stesse trasportando, come se pesasse come una piuma.
Si sentiva levitare in aria e quando diede un’occhiata intorno a sé, si rese conto di essere ad almeno un metro da terra; lanciò il libro dalla paura e cadde, provocando un suono grave e secco che, però, non udì da parte del libro. Non credeva ai suoi occhi.
Riprese il libro per rimetterlo nello scaffale, ma, di nuovo, quella sensazione tornò; si sentiva quasi ipnotizzata che si rese conto, solo superati i due metri di altezza, che stava fluttuando in aria per la seconda volta. Non capì ancora e buttò subito il libro a terra; non cadde, ma venne posato sul pavimento, mentre lei ci precipitò sopra. Era stupita da ciò che era appena successo, com’era possibile una cosa del genere? Si guardò attorno sbalordita e notò qualcosa di molto piccolo svolazzare e ridacchiare, poi un altro esserino, e un altro ancora, non riusciva a contarli, erano troppo veloci, ma sentiva le vocine che ridacchiavano e, come violini, risuonavano nell’ambiente.
Prese il libro, intenta a rimetterlo al proprio posto, quando di nuovo venne sollevata, ma questa volta vide quei piccoli esserini sotto di lei trasportarla in aria. Erano veramente minuscoli, saranno stati una decina, come facevano a sollevare tutto il suo peso, senza il minimo sforzo?
“Lasciatemi! Lasciatemi! Chi siete? Che volete?”- gridava invano Violet. Gli esserini sembravano non avere la minima intenzione di lasciarla stare o di rispondere alle sue domande, quindi buttò il libro verso il pavimento e venne liberata dalla presa di quegli animali simili a fatine.
Corse verso la porta di uscita ma, improvvisamente, sentì una vocina stridula chiamare il suo nome e, spaventata, rispose: “Chi siete? Che volete?”.
“Noi non vogliamo nulla da te, vogliamo solo riprenderci ciò che ci appartiene”.
“Intendete il libro? Se lo volete, è vostro; prendetelo, io non voglio averne a che fare, non è nemmeno mio”.
In un solo istante, le piccole fatine sparirono con il libro e Violet rimase sola di nuovo.
Per mesi raccontò di queste fatine alla zia, che nemmeno l’ascoltò e, ogni volta che entrava nella sala di lettura, controllava l’ultimo scaffale in alto, quello quasi irraggiungibile, ormai rimasto vuoto.
Gli anni passavano e Violet invecchiava, ma non perse mai l’abitudine di controllare lo scaffale, che non la preoccupava più. Quando una mattina si svegliò e, come suo solito, entrò nell’enorme stanza: non si sarebbe mai aspettata di trovare il libro scintillante di nuovo al suo posto, nello scaffale più alto.
Margherita De Filippo (I liceo A)