È ormai inevitabile dire che il 2020 è un anno di oscurità: previsto dagli economisti come l’anno della ripresa in seguito ad una lunghissima crisi economica, esso ha portato invece una ben più grave crisi sanitaria, la quale ha messo in ginocchio tutto il mondo, senza risparmiare nessuno, costringendoci in casa, privandoci della nostra libertà all’aria aperta in compagnia di amici, in palestra a sfogarci, in chiesa a pregare.
Lo Stato si è visto costretto a prendere misure drastiche per tutelare i cittadini, tanto da spingere alcuni a domandarsi se esse siano giuste, democratiche e costituzionalmente valide.
La chiusura forzata di aziende ed imprese ha causato il calo della produzione, costringendo molti imprenditori a licenziare i propri dipendenti, a cui i pochi soldi concessi dalla Cassa Integrazione non bastano, e lottano quotidianamente per far sopravvivere almeno i propri figli, arrivando, nei casi più disperati, a rubare i beni di prima necessità.
Vi sono poi coloro che vivono nel dolore dell’impossibilità di salutare i propri cari in ospedale, privati della speranza di un abbraccio, un sussurro, un incoraggiamento alla vita dalle persone che amano.
Questa emergenza, in alcuni casi, ha messo e mette a dura prova la nostra umanità, facendo prevalere l’egoismo e la sopraffazione, come testimoniano le lotte all’interno dei supermercati, mentre, negli ospedali, si è stati costretti a scegliere, in maniera drastica e drammatica, quali pazienti destinare alle terapie intensive e quali no.
Purtroppo, l’incertezza per il futuro, legata al lavoro ed all’occupazione, in particolare nelle fasce economicamente più deboli della popolazione, non fa altro che esacerbare questa situazione critica, rischiando conflitti sociali in cui tutti sono contro tutti, in una spietata lotta per la sopravvivenza, prefigurando un non auspicabile ritorno ad una sorta di selezione della specie.
La paura opprimente ci sta facendo chiaramente dimenticare che siamo tutti vittime di un nemico comune, subdolo, invisibile, capace non solo di danneggiarci fisicamente, ma anche di annebbiare il nostro cuore e le nostre coscienze. Dovremmo, invece, fare invece tesoro dei nostri più alti valori e cercare, insieme, la luce che potrà sconfiggere questa maligna oscurità, avere la forza ed il coraggio di lottare non per la singola sopravvivenza, ma per il benessere comune.
Molti si chiederanno in che modo e, personalmente, trovo che condividere le nostre giornate in quarantena sia il mezzo migliore per diffondere un messaggio di resistenza e di speranza, perché è vero che soltanto mantenendo un’adeguata distanza potremo sconfiggere questo terribile morbo, ma è non restando soli e confortandoci nel sapere che qualcuno ci pensa che troviamo lo stimolo ad andare avanti.
Mai come in questo momento, infatti, cerco di essere presente e, se possibile, di rallegrare la giornata delle persone che mi stanno più a cuore: basta un selfie, un video divertente, un brano musicale, una videochiamata per condividere le mie emozioni; piccoli gesti, insignificanti in una situazione normale, ma che rappresentano ora un modo per essere in compagnia, un messaggio di luce in questa tenebra soffocante.
Al contempo, però, questo comunicare a distanza ci fa apprezzare quanto sia preziosa la compagnia fisica rispetto a quella virtuale, di quanto sia semplice ma potente un abbraccio, un sorriso, un saluto fatto di persona, piuttosto che tramite uno schermo. Non solo; ci rendiamo conto dell’importanza di valori come la pace, l’amore, l’amicizia, l’unione dei popoli.
Se si cambia l’angolo prospettico, tuttavia, la situazione attuale può offrirci anche delle opportunità irripetibili ed inimmaginabili: ci consente, infatti, di riassaporare situazioni, interazioni, affetti, introspezioni che la frenetica vita quotidiana ci limita, se non addirittura ci nega. Famiglie si ritrovano finalmente insieme, a confrontarsi, parlare, discutere, interagire, in modi, sotto tanti aspetti, nuovi e diversi da quelli che i modelli di vita precedenti ci imponevano. Cogliamo questa opportunità che la pandemia, nella sua drammatica tragicità, ci ha comunque donato. Riscopriamo anche noi stessi, impariamo a confrontarci con la nostra interiorità, a scoprirne o riscoprirne i contenuti, le criticità, i punti di forza, i valori e le debolezze: la vita che la società moderna ci impone è come un treno ad alta velocità su cui si sale per arrivare prima possibile alla meta, peccato che in tutto questo perdiamo la bellezza del viaggio. Perciò, in questo momento, torniamo a camminare, o finanche a stare fermi, ed utilizziamo il dono del tempo che abbiamo a disposizione, per meglio capire ciò che vogliamo essere e ciò che vogliamo diventare, per essere persone migliori e per costruire una società migliore.
Valeria Palumbo
(IV A liceo – Triennio)