Scienza & Ambiente

“Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento.”.

Caterina Tacconelli |

“Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento.”

Quando io e mia sorella eravamo piccole mia madre ci ripeteva come un mantra: “bambine…adattamento alla vita”. Oggi scopro che mia madre è una fan di Darwin, oggi scopro che le sue parole, che spesso ci annoiavano, avevano un senso e oggi credo che siano vere: per vivere bene occorre avere la capacità di adattarsi alla vita e ai suoi cambiamenti.

In questo periodo di quarantena ho vissuto diverse fasi, che potrei definire come un cambiamento nel cambiamento.

La prima fase è stata quella istintiva di una ragazza adolescente :

Evviva non si va a scuola! Era il 4 Marzo quando durante il pranzo scoprii, con un tamtam di messaggi, che la scuola sarebbe stata chiusa causa emergenza corona virus. Fui felice, mi sentivo in vacanza !

La seconda fase è stata la fase del cambiamento :

la scuola continuava ma a casa, solo online. E’ stata una fase nuova e le novità mi piacciono e mi incuriosiscono, non le temo e mi ci butto.

Le nostre case aperte, le distanze accorciate : i professori nelle nostre case e noi nelle loro, tutto sembrava più intimo e confidenziale.

Per tutti era la nostra prima volta, noi e gli insegnanti eravamo sullo stesso piano : di fronte ad un monitor, inquadrati da una telecamera, distanti ma vicini virtualmente.

I giorni passavano e le giornate iniziavano ad essere ripetitive : sveglia, computer, lezioni e poi il telegiornale, i malati, le teorie sulle cause e i morti. Alla fase iniziale della novità quella poi della consapevolezza.

La terza fase, il mondo che vive la pandemia, il dramma di tutti

Questo è stato il momento più difficile : le nostre case come rifugi per evitare il contagio ma anche le nostre case come gabbie dalle quali non potevamo uscire. La famiglia come un nido sicuro ma anche la voglia di una ragazza adolescente di allontanarsi dai suoi genitori e vivere la vita nella sua pienezza e con la sua indipendenza.

Questa è la fase più complicata di fronte alla quale ho reagito in due modi : prima la rabbia di non essere libera e di non poter vedere i miei amici.

Poi il senso di solitudine e di vuoto, quella vita di prima fatta di amiche, confidenze, sguardi e abbracci non c’era più.

Soccombere o reagire?

Ho scelto la seconda possibilità e mi sono adattata alla vita, scoprendo poi che noi tutti avevamo ricevuto un “dono” importante: il tempo. La mia vita come una scatola da riempire, ora stava a me decidere cosa metterci dentro. Mi sono adattata al cambiamento e ho scoperto anche di essere capace di gestire il tempo anche quello noioso. Il tempo del non fare niente è diventato un momento di grande confidenza con me stessa, con quella parte intima che prima non avevo il  tempo di ascoltare, ora sì.

Spero però che questa chiusura forzata sia una parentesi delle nostre vite

e che presto torneremo a nutrirci di rapporti reali con persone che posso vedere negli occhi, sentire il loro profumo e ascoltare le loro voci, non più spezzate da connessioni che saltano, ma voci dritte che vibrano toccandoci il cuore.

Adattarsi è difficile

noi che ogni giorno conducevamo una vita piena, senza fermarci mai, veloci e di corsa : tante persone, tanti doveri ora invece è tutto cambiato… Forse però l’uomo non è fatto per evolversi come le specie animali ma sicuramente ci proverà 🙂

Caterina Tacconelli

( III B medie)