DARIA, la città e il virus.
Il viaggiatore, violando tutte le regole e le restrizioni, giunse nella città di Daria. La conosceva bene ma, quella che si trovò davanti, era una città totalmente diversa. Daria era attraversata da lingue di asfalto brulicanti di auto che, tossicchiando, emettevano nuvole grigie di veleno subdolo; le persone, come formiche operose, marciavano veloci in tutte le direzioni. Non si vedevano uccelli volare e il cielo era talmente grigio che neanche il sole riusciva a filtrare attraverso quella cortina opaca.
Ora lo spettacolo era ben diverso, irriconoscibile: distese di trifoglio e pratoline avevano preso il posto dell’asfalto; su questi sentieri non passavano più persone frettolose, ma animali che un tempo era possibile vedere solo in campagna: mamma anatra che, con i suoi piccoli, attraversa i prati, coniglietti saltellanti e simpatici scoiattoli, oramai sono loro gli abitanti di Daria. Il cielo è terso, luminoso e l’aria … Com’è l’aria? Attraverso la mascherina non è possibile percepirne la purezza ma la natura intorno al nostro viaggiatore ne esprime la potenza.
E le persone? Dove sono? Dalle persiane accostate spuntano dei drappi bianchi, delle bandiere della città, delle lenzuola decorate dai bambini; si avvertono le voci e i canti di grandi e piccini ma, anche, i pianti di chi, in questo lungo periodo grigio, ha perso qualcuno che ama.
Sara Falco
(III media A)