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Riflessioni sulla morte : “Memento mori”. Ricordati che devi morire.

Lavinia Benedetti |

Memento mori”. Ricordati che devi morire.

Tendendo l’orecchio alla finestra, non si sente alcun rumore. Nella città che ho sempre visto allegra, rumorosa e animata da molte persone, oggi regna il silenzio. Tutto tace. Ogni tanto passa un autobus, vuoto. Si sente la sirena di un’ambulanza, e mi viene una stretta al cuore. In questi giorni si sentono sempre più spesso. Ne servono di più, adesso? O sarà che, in questa quiete, le sirene delle ambulanze emergono, come un grido disperato.

Nel silenzio, nella mia testa risuona una frase latina, che credevo di conoscere, ma che sto vivendo solo ora: “memento mori”. Gli esseri umani spesso vivono senza pensare veramente alla loro condizione di mortali.

Hanno la superbia di dimenticare che, prima o poi, la loro esistenza finirà, e quando si trovano davanti alla Morte sono impreparati, e si aggrappano alla vita con tutte le loro forze. Hanno paura.

La paura è un sentimento primitivo, vitale, istintivo, ma al tempo stesso, in ciascuno di noi, la paura della Morte genera angoscia, logora. Le domande senza risposta sono molte, ma due le più immediate: cosa proverò nel morire? Cosa mi succederà nell’istante successivo?

Nel corso della Storia, gli esseri umani, grazie alle religioni e alle loro dottrine, hanno provato a rispondere a queste domande, a dare un senso alla vita terrena, finalizzandola completamente al raggiungimento di una vita ultraterrena, intesa come suo compimento.

Ma la verità che giace sul fondo dell’animo degli uomini è che si non conoscono le risposte, non si sarà mai in grado di conoscerle.

La pandemia in corso ci ha ricordato che noi siamo esseri fragili e che, per quanto la vita possa sembrarci lunga e garantita dal progresso medico e scientifico, in questo mondo in cui viviamo siamo insignificanti.

Quando la malattia ancora non era diffusa, mi ricordo che si diceva, con apparente sicurezza, che il virus non sarebbe mai arrivato in Italia, ed invece è arrivato; che si trattava solo di un’influenza, ma quante persone hanno già perso la vita? Quanto dolore per le famiglie e per intere popolazioni, che stanno soffrendo come non avremmo immaginato.

E non si parla di numeri, o di età, ma di persone con una loro storia, con i loro legami, sentimenti e passioni. Si parla di come se ne sono andati. Morire in questo periodo storico (ormai, penso che lo si possa definire così) è un brutto modo di morire. Si muore soli, privati dei propri affetti e di ogni  commiato. Trasportati dai carri militari nelle città vicine, perché non c’è spazio nei cimiteri della propria. Come i soldati nelle guerre antiche che, nel perdere la vita, perdevano la loro identità. Soltanto corpi abbandonati.

A questo pensiero siamo presi dal terrore.

Siamo in casa, ma questa è comunque la nostra vita. Non possiamo uscire, è pericoloso, ma il tempo scorre, inesorabilmente, la vita continua. Bisogna tirare fuori il massimo da queste giornate e progettare con maggiore determinazione e costanza i nostri obiettivi futuri. Piuttosto che essere mortificati e sentirci delle vittime, dobbiamo elaborare il dolore e la sofferenza per uscirne nel miglior modo possibile. Il mio pensiero è: non dobbiamo trattenere il respiro aspettando che questo momento passi, ma dobbiamo imparare a respirare in modo diverso. Altrimenti, se non sarà il virus a ucciderci, lo farà il vivere nella paura del contagio.

Non saremo più forti di questo virus che ha messo in ginocchio il mondo intero; ma saremo più forti di come eravamo. Avremo scelto di vivere. Avremo colto il momento per fare davvero tutte quelle cose che non abbiamo mai fatto, per mancanza di tempo o di coraggio. Riaprire i cassetti dimenticati. Il tempo perduto non si recupera, ma si può rimpiangere.

Io voglio vivere una vita senza rimpianti, adesso l’ho capito.

Per le tutte le persone che hanno perso e perderanno la vita a causa della pandemia, Io Voglio Vivere.

 

Lavinia Benedetti

II B liceo