La morte è qui
Mentre questo virus porta sofferenza e devastazione, ci si sofferma a guardar fuori dalla finestra: è solo quando si perde qualcosa che se ne comprende il suo vero valore.
Ed è in questo momento che il desiderio di libertà cresce dentro ognuno di noi, si comprende che non si può dare tutto per scontato e, mentre si pensa e si ripensa al proprio malessere interiore e a come porvi rimedio, ci si accorge di quanto l’essere umano sia effimero; il pensiero abbraccia tutte quelle vite che continuano incessantemente a spegnersi senza un vero motivo, senza una vera colpa, forse per un castigo divino.
Proprio in questi momenti si inizia ad aver paura, le mani tremano incessantemente, le parole che fuoriescono dalla propria bocca incominciano a spegnersi, come se fosse sbagliato parlare.
Si riflette su chi sarà il prossimo, su quale ennesima vita sarà spenta da questa bestia talmente grande che ci fa sentire piccoli e indifesi.
Cerchiamo di far finta che non esista, di dimenticarla e, invece, lei è lì, sempre pronta a scegliere la sua prossima vittima, la morte.
È un fantasma che aleggia sulle nostre città, contagiate, ferite, deserte, ormai immerse in una profonda sofferenza. Non fa sconti, non si ferma dinanzi a niente, causa sgomento, malessere, il suo solo pensiero. La sua presenza incombe implacabile su ciascuno di noi, non ci lascia scampo, si appropria delle nostre debolezze, delle nostre paure più recondite, impregna le nostre anime e le fa sue.
Non possiamo opporci, non possiamo protestare, ogni sforzo sarebbe vano. Lei è sempre costantemente lì ad aspettarci. Il tintinnio delle lancette sull’orologio non fa altro che premunire quel momento. La viviamo ognuno in modo diverso, per alcuni rappresenta la fine di un percorso, per altri un semplice rito di passaggio, oppure la stanza buia dentro la quale non vorremmo mai trovarci.
Cos’è?
Noi sappiamo solamente che è l’unica cosa a cui l’uomo non potrà mai sottrarsi.
Michele Pititto
(II B liceo)